venerdì 10 settembre 2010

Silenziosamente in cerca di qualcosa

Osservo ciò che sta accadendo cercando di distaccarmi da questa routine quotidiana, da questa inutile ripetitività delle azioni che le priva di un significato intrinseco e le rende quasi banali.
Osservo i miei pensieri cercando di visualizzarli uno alla volta, esaminarne il soggetto, risolvere gli innumerevoli problemi che vi si annidano e li rendono spesso indistricabili. Lentamente, sciolgo ogni nodo, facendo molta attenzione a non romperli. Li osservo. Fragili, trasparenti e sottili giacciono in fronte a me, finalmente in ordine. Ognuno di loro riguarda un argomento diverso, sono grandi e piccoli a seconda della loro importanza, o meglio, dell'importanza che io decido di dare. Quelli più piccoli sono stranissimi: assomigliano a cristalli di neve, e anche se la loro dimensione è quasi insignificante, hanno decorazioni indescrivibili e forme particolari. Riguardano spesso discorsi, frasi, immagini di persone incontrate che hanno lasciato una traccia nella mia mente, un debole indizio di un animo ancora inesplorato, e proprio per questo terribilmente complicato e sconosciuto. I pensieri più grandi, invece, hanno la forma di lunghe matite colorate, ciascune di una tonalità diversa: si arrotolano spesso su se stesse, e si muovono senza sosta, disegnando misteriosi scarabocchi. Scrivono di un amore, di un quadro speciale, di una amicizia in crisi, di un dilemma da risolvere, di una preoccupazione per il futuro, e di infiniti altri argomenti.
In fondo a tutto questo, ai margini del mio cervello, c'è qualcosa di strano: sembra uno scrigno vuoto, aperto, in un angolo. E' il vuoto che mi sento dentro, a cui ho assegnato un posto speciale, e che non fa altro che aspettare. Aspetta. Intanto i pensieri cambiano colore, forma, argomento, si arrotolano e coincidono, spariscono, nascono. Ma lo scrigno rimane fermo, impassibile, immobile. Aspetta.
Dovrò mettermi anche io ad aspettare.

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