mercoledì 8 dicembre 2010

No words to describe it now.
Ombrello a forma di giraffa
Geloni
Vetrina in Vittorio Emanuele
Thè caldo
Silenzio
L'infinito
Arte e poesia
Sguardo fisso negli occhi
Duomo, vetrate illuminate
3, 9?
Giallo, lilla, bianco, nero
Blu Caran D'Ache
Mentalità aperta (?)
Dimentico gli oggetti, ricordo gli attimi
Passato raccontato senza più rimorso
Amore
Scultura greca
Romanticismo
Chiesa gotica
Scala


Chi sei?
Pace? Conclusa la lotta, forse.
Nero brivido.
Immobile: trasportata dal vento
non risorgerei.

Lucide labbra
niente, e unghie afferrano il mondo.

Non mi liberi! Non mi incateni.
Già. Stretta. Le mie carni nelle tue non scappano.
Vivo?

Strappi le mie orbite, le ingoi.
Grido soffocato.
Consumami.
Imploro di tornare sana.

Oh, come è dolce questo amore!
Ingoio il tuo dolore, liquido.
Scivola nel mio ventre sanguinante.
Oscurità. Forte odore di salsedine.



Gioia mia!
Brucia tra le fiamme dell'inferno.

domenica 7 novembre 2010

Quando si aspetta troppo una cosa

Si dice che quando si aspetta troppo una cosa, questa non arriva mai.
O forse arriva di corsa, fuggevole, delicata, e scappa via prima che si possa afferrarla. Quando si desidera troppo una cosa, la si idealizza, e la si continua a immaginare, ripetutivamente, nei momenti meno opportuni. Si chiudono gli occhi e allora si aprono i sipari dell'illusione: ecco che le marionette del sogno iniziano a muoversi, a parlare, in modo perfettamente meccanico e tristemente irreale. Quando sii aspetta troppo una cosa in realtà si sa già come andrà a finire, perchè la nostra mente ha percorso qualsiasi sentiero possibile e ne ha già valutato le differenti opzioni: è pronta a guidare ciò che arriverà, per ottenere esattamente ciò che si vuole. Quando si aspetta troppo una cosa, non dipende solo da noi ottenerla. Perciò ci si siede in silenzio, in un angolo di cemento, chiusi nella propria prigione di intricati pensieri e congetture, dimenticando la meraviglia dell'imprevisto. In poco tempo si perde la chiave, unico elemento di ricongiunzione con il mondo. La paura di sbagliare, di sprecare le proprie possibilità, di lasciarsi sfuggire qualsiasi occasione porta a una rassegnazione che è il grilletto di ogni felicità.

Iris lo sa bene: i polsi magri e lacerati giaciono inerti sul pavimento, intrappolati da lunghe catene che la legano ai fantasmi della sua mente. Ormai il pensiero ha preso il sopravvento sul desiderio: lo ha domato, sottomesso, soggiogato e lo ha privato dell'elemento di novità che conteneva, per renderlo simile a qualsiasi altro avvenimento. Ciò che prima era un giovane ghepardo selvaggio, senza padroni, dominatore della natura e della casualità ora non è altro che un micione che gira con la testa bassa, gli occhi tristi e la coda tra le gambe. I suoi occhi osservano il cadavere della fantasia che, ormai grigia e vuota, assomiglia a un vecchio sacco, sporco e rovinato. Quando si aspetta troppo una cosa, bisogna lottare per ottenerla, ma, se ciò non accade, è meglio fingere di essersene dimenticati, e proseguire per la propria strada, fiduciosi nell'imprevedibilità del caso. Non vale la pena incominciare a fantasticare su di essa.


Iris lo aveva cercato a lungo, e poi si era seduta su quel cemento, e aveva iniziato ad aspettare. I vividi colori della vita si erano graduatamente spenti nella realtà, ma inizialmente erano aumentati nella sua mente. Erano diventati sempre più intensi, luminosi e appariscenti, e il sacco della fantasia si era riempito sempre di più... fino a rigettarsi fuori dal suo corpo, a fuggire via d'improvviso. Aveva coltivato una farfalla nel bozzolo prima del tempo, le sue ali erano diventate troppo larghe e lo avevano dilatato fino a romperlo. Ora fuggiva, quel prodotto di un sogno caleidoscopico, e assorbiva il blu del cielo. A lei cosa era rimasto? Non era più in grado di rialzarsi e guardare fuori: i suoi occhi si erano spenti, e vedevano ogni cosa ricoperta da una sottile grigia nebbia di timore. Ma tutto ciò che si trovava dentro di lei era irreale, ed era fuggito via proprio come il ricordo di un sogno la mattina appena svegli.


- Dove si trova la realtà, adesso? Dove otterrò quello che stavo aspettando?

giovedì 14 ottobre 2010

Cold water

Da dove è incominciato?
Esiste un'inizio o una fine? Ciò che giace in mezzo è avvolto nella nebbia.
Appare ogni tanto d'improvviso, flashback, il respiro si blocca, il rumore della città si affievolisce, le nuvole si incupiscono, il vento cessa di scompigliarmi i capelli. Ed ecco che le foglie rimangono sospese nell'aria, interrompendo la loro caduta: ora sono curiose spettatrici di un varco che squarcia il tempo e lo spazio. rewind, fa freddo. Il bianco della neve ora acceca ogni colore. I miei denti incominciano a tremare, il respiro si fa ansimante. Osservo la mia immagine nella vetrina di un negozio: quella riflessa non sono io. Piccoli dettagli svelano la meraviglia dell'avvenimento. I miei capelli sono un pò più corti, un pò più lisci, un pò più scuri. Il mio maglione verde non c'è più: al suo posto una lunga giacca grigia e una pesante sciarpa di lana ad avvolgermi il collo. Ho paura. Alzo la testa. Sei di fronte a me, i miei occhi atterriti si spalancano al tuo viso.
Sei tu ma non sei tu. Chi sei? Una proiezione del passato? E allora io chi sono? Non so più niente. Vorrei urlare, non ci riesco, non posso: le tue labbra si posano sulle mie.
Salato, silenzioso, delicato, acqua fredda che scivola sulla mia pelle, e io mi immergo in quel limbo di pace. Tutto ciò che ora è la tua mano che stringe la mia.
Piango: le lacrime si mescolano all'acqua, si dissolvono. Scompaiono. Vorrei dirti tante cose, ma non ci riesco. Forse è meglio così. Forse ormai mi sono persa.
- Lo so che sto sognando, cazzo, ma non mi importa.
E' così fondamentale vivere nel presente?

domenica 10 ottobre 2010

No.

Desideriamo solo ciò che conosciamo: come si può infatti desiderare qualcosa senza poter immaginare il nostro futuro una volta ottenuta? Per farlo, dobbiamo conoscere l'oggetto del nostro desiderio fino in fondo. Dobbiamo aver percorso i labirinti insidiosi della sua anima. Dobbiamo inoltre essere pienamenti consapevoli delle nostre capacità di ottenerlo. Il desiderio infatti non si basa su una fantasia evanescente poichè altrimenti si tratterebbe di sogno ad occhi aperti, una colorata immagine distorta per niente sovrapponibile alla realtà. Il desiderio si basa su una deduzione lucida e logicamente corretta, su un'istinto carnale che si traduce in una tensione precisa verso un elemento partecipe della nostra vita ma in qualche modo esterno ai nostri ideali di possessione.
Balbetta e trema. Balbetta e trema. E' troppo timida per agire.
(Vai! Ora!) Lei vuole e soffre.
Non ho più la capacità di possedere il desiderio: esso si è tramutato in un capriccio della mia anima, che muta perennemente direzione, si volta, ritorna sui propri passi.
Rosso vermiglio che si diffonde ovunque, cola lentamente giù dal tavolo, riempie il pavimento della cucina, ingoia l'intera casa... - Ho ucciso il mio desiderio.

domenica 3 ottobre 2010

Guerra persa in anteprima

In ogni rapporto si nasconde un legame indissolubile che, per quanto possa venire allentato, allontanato o dimenticato, inevitabilmente si insidia in un lato della nostra fragile anima e ne logora la sottile superficie, creando una cavità impercettibile. Nell'attimo in cui il nostro sguardo viene a contatto con un altro sguardo il filo conduttore si tende, rendendoci vulnerabili, poichè il legame presente è in grado di penetrare all'interno dell'abisso contenuto nelle nostre anime. In esso scorrono i pensieri, confusi e disorientati, intricati e profondi: il buio è quasi totale e spesso dobbiamo impegnarci per mantenere un'oscurità che possa, almeno parzialmente, avvolgere il significato intrinseco dei nostri segreti nel silenzio. Ma basta un attimo di distrazione ed ecco che i pensieri scivolano sotto il sottile raggio di luce proveniente dal foro e, attratti da un magnetismo incalcolabile, passano attraverso il filo conduttore per gettarsi nella voragine dell'anima altrui. A questo punto, tutto è perduto. Ci si ritrova nudi, inermi, deboli di fronte a una mente capace di inglobare ogni nostro sentimento, di divorare e inghiottire il nostro respiro. Non c'è via di scampo, siamo costretti a cedere.

domenica 26 settembre 2010

Disillusa agonia di un'attesa.

Le suoi mani le sfiorano i fianchi. Una carezza leggera, tremante, insicura, ricca di speranze. La dolcezza del suo sguardo delicatamente la osserva, timido raggio di sole che entra un mattino da un'anta della finestra e illumina il volto ancora in preda all'incanto del sogno.

Troppe volte è stata ferita e abbandonata nel silenzio di un presente che perde valore e si riempie di ricordi. Troppe volte ha assaporato il sale delle sue lacrime mentre stringeva i pugni e si ripeteva "Rialzati, lotta."

Esitava, e intanto un sorriso malizioso le illuminava gli occhi. Sapeva di poter tenerlo in pugno, ma forse desiderava solo che lui fosse in grado di strappare via quel vestito luminoso, di lavare il suo corpo da apparenze e pregiudizi, di toccare la sua anima, tenerla in pugno, stringerla, possederla.

La musica rimbombava nella piccola stanza, eppure creava silenzio tra due sagome sedute in un angolo. Una voragine si era appena aperta tra di loro. Restava solo da capire se avrebbero avuto il coraggio di tuffarcisi dentro, insieme.

"Afferra la mia mano. Se dovessi per sbaglio cadere da sola non sarei più in grado di ricominciare."
L'illusione è una compagna malignia e crudele. E' un'assassina che cancella le sue prede.

mercoledì 15 settembre 2010

Chimera fredda

Nuvole di fumo si spandono nell'aria, colorando densamente il cielo di malinconia, disperdendosi, dissolvendosi, rendendosi invisibili allo sguardo.
"Io non faccio parte di questo gioco. Non voglio vincere o perdere, me ne starò a guardare."
Il nero del cielo si getta nell'abisso delle pupille di quegli occhi colmi di lacrime. Paralizzato, osserva. Ipnotizzato, si lascia attraversare da quella voragine impalpabile. Incantato, diventa pedina nelle mani del firmamento. Quella notte il suo corpo è soltanto membrana carnale priva di anima, ospita al suo interno il silenzio di disperazione. Dove è andato a finire il suo coraggio?
Si nasconde in un angolo di una stanza buia. Trema, e non osa respirare. Da lontano vede quel piccolo uomo seduto a penzoloni sul davanzale, con lo sguardo rivolto in alto, la bocca aperta ad inghiottire il cielo. Dove è scappata, insieme a tutti i suoi sogni, la sua anima? Vaga per le strade indossando vecchi stracci, i passi corti e strascati, a mendicare speranza dalle preghiere sussurrate degli uomini. Si sente incompleta, priva di senso. Vorrebbe poter entrare, anche solo per un attimo, in un'altro involucro, per sentirsi rinascere, per comprendere se il motivo dell'inquietudine nasce dalla prigione in cui è costretta a permanere senza aver compiuto alcuna scelta. Un tempo, il nulla, e adesso è. Ha solo bisogno di scegliere, di decidere, di iniziare un cammino. Ma per farlo dovrebbe solo urlare al suo debole corpo di voler giocare.

venerdì 10 settembre 2010

Silenziosamente in cerca di qualcosa

Osservo ciò che sta accadendo cercando di distaccarmi da questa routine quotidiana, da questa inutile ripetitività delle azioni che le priva di un significato intrinseco e le rende quasi banali.
Osservo i miei pensieri cercando di visualizzarli uno alla volta, esaminarne il soggetto, risolvere gli innumerevoli problemi che vi si annidano e li rendono spesso indistricabili. Lentamente, sciolgo ogni nodo, facendo molta attenzione a non romperli. Li osservo. Fragili, trasparenti e sottili giacciono in fronte a me, finalmente in ordine. Ognuno di loro riguarda un argomento diverso, sono grandi e piccoli a seconda della loro importanza, o meglio, dell'importanza che io decido di dare. Quelli più piccoli sono stranissimi: assomigliano a cristalli di neve, e anche se la loro dimensione è quasi insignificante, hanno decorazioni indescrivibili e forme particolari. Riguardano spesso discorsi, frasi, immagini di persone incontrate che hanno lasciato una traccia nella mia mente, un debole indizio di un animo ancora inesplorato, e proprio per questo terribilmente complicato e sconosciuto. I pensieri più grandi, invece, hanno la forma di lunghe matite colorate, ciascune di una tonalità diversa: si arrotolano spesso su se stesse, e si muovono senza sosta, disegnando misteriosi scarabocchi. Scrivono di un amore, di un quadro speciale, di una amicizia in crisi, di un dilemma da risolvere, di una preoccupazione per il futuro, e di infiniti altri argomenti.
In fondo a tutto questo, ai margini del mio cervello, c'è qualcosa di strano: sembra uno scrigno vuoto, aperto, in un angolo. E' il vuoto che mi sento dentro, a cui ho assegnato un posto speciale, e che non fa altro che aspettare. Aspetta. Intanto i pensieri cambiano colore, forma, argomento, si arrotolano e coincidono, spariscono, nascono. Ma lo scrigno rimane fermo, impassibile, immobile. Aspetta.
Dovrò mettermi anche io ad aspettare.

mercoledì 8 settembre 2010

Perdendo il mio sguardo nel mare.

La perfezione è solo un orizzonte.                              
Vi vogliamo instillare il nostro bisogno di immortalità,
ma altro non è che una effimera riproduzione dei nostri ideali.
La perfezione non è una conseguenza,
non può essere ottenuta, sperimentata o vissuta.
Un destino incompiuto ci soprassiede e intimidisce la nostra coscienza.
La perfezione non viene immaginata,
perchè la sola capacità di visualizzarla nella nostra mente dimostrerebbe che
siamo in grado di raggiungerla.
La perfezione non è una meta,
forse è contenuta nel cammino che percorriamo, nella fuggevolezza di un attimo.

Ma ne abbiamo davvero così tanto bisogno?

Volando sopra i cieli di Londra.

L'alcool inebria la mente
e libera i pensieri,
che finalmente riescono a sfuggire dalla terribile prigione di vetro entro cui sono incatenati.
Si aprono le celle
e sorridono, beffardi,
al cervello inerme.
The alchool intoxicates the brain
and makes the thoughs free,
so finally they can escape from the terrible glass-prison where they are chained.
The cells are opened
and they smile, scoffing,
to the unarmed brain.

martedì 7 settembre 2010

Al mattino, in un parco, dopo una lunga passeggiata.

Camminava. Il rumore ritmato dei suoi passi risuonava nella strada nera, illuminata da un raggio di sole.
Camminava. I suoi occhi scuri erano rischiarati dalla luce opaca.
Camminava. Nessun rumore attorno a lei.
Camminava, e le sembrava da camminare da un tempo infinito, verso qualcosa infinito, nell’infinito.
Lacrime rigavano il viso. Soffriva, eppure non desiderava abbandonarsi, ma continuare a camminare, perché, nonostante la crudeltà del passato, davanti a lei c’era sempre una strada.
Dritta, scura, silenziosa. Ma di cui non conosceva la destinazione. Stupore colmo di speranza.
Sorrise, e di colpo il suo sorriso diventò una corsa.
Correva. I suoi capelli neri si alzavano al vento, e gli coprivano gli occhi.
Correva. Le sue braccia si muovevano, veloci, e a ogni passo accelerava sempre di più.
Correva. La strada rimbombava della sua euforia.
Correva, e avrebbe corso per sempre, perché niente avrebbe potuto fermarla.

Temporale

Lampi di luce squarciano il cielo, affogando impetuosi nel perpetuo ondeggiare dei cavalloni che si scagliano contro la riva. Un vento affannato strappa le foglie, ululando nel tuono a una luna lontana.
I miei occhi si aprono e si chiudono, lacrimano e si bagnano di gocce di pioggia che appartengono all'oscurità.
Ora è tutto diverso. Quello che prima era solo amore, infinita distesa di un mare azzurro, placido e cristallino, caldo raggio di sole alto nel cielo, verde fruscio di alti alberi, è diventato indecisione, rabbia, dolore. In fondo niente è cambiato ma ogni cosa è in continuo mutare aspetto, scontrarsi, confondersi, annullarsi, ricomparire. E nella fitta nebbia di una notte nera afferro d'un tratto un ramo rotto, disperso nel nulla, osservo un germoglio: sembra intatto, riaccende dunque vita nel mio sguardo.