martedì 10 maggio 2011
Ormai è rimasto soltanto acido lattico nelle mie braccia, che si sono sforzate troppo nell'abbracciarti sempre più stretto, fino a soffocare ogni tuo gemito ogni respiro, fino a impedirti di tenere gli occhi aperti (muschio bagnato, castagna autunnale e la mia insicurezza sputtanata in quello specchio troppo limpido)
lunedì 9 maggio 2011
Ci sono tramonti in cui il profumo di toast caldi si diffonde fin sotto le panchine del parco e fa sorridere i barboni addormentati. Intanto mano nella mano, nel parco, due nasi camminano coordinati e inspirano profondamente pensando a cosa cucineranno per cena. Ci sono tramonti in cui il sorriso di una vecchia signora con un abito anni '70 diventa arancione e si mescola con i colori del cielo: profumo di violette fresche e detersivo per piatti. Più in là, il profilo di un distinto signore di mezza età, silouhette su un cielo di fuoco: ci sono tramonti in cui vorresti prendere in mano il tempo, stirarlo, piegarlo e infilarlo dentro una valigia. E' pieno di quei tramonti in cui non capisci dove sia l'inizio e la fine, ma sai soltanto di essere da qualche parte in mezzo, con il naso all'insù che si perde nella sera.
domenica 1 maggio 2011
Si aprono crepe a lungo ignorate che squarciano la pelle olivastra. Non riesce a tenere aperti gli occhi per il dolore: madida di sudore, cerca di chiudere i lembi delle ferite. Le fessure distruggono ogni integrità morale, lasciano il libero spazio agli urli sempre più forti. L'irrazionalità prende il sopravvento e scorre creando bagliori vermiglio. Le emozioni incontrollate risuscitano il cranio sopito, troppo a lungo in preda alla dominazione tirannica di stanchi neuroni della corteccia orbito-frontale.
L'identità di un uomo consiste in una sequenza di incoerenze che, tra di loro, possono solo fingere di avere qualcosa in comune.
L'urlo invade l'intera stanza. Il vetro delle finestre trema. Il vaso di violette viene attirato dal lucido pavimento di marmo. Si infrange: terracotta, sangue. Un frammento entra nella ferita, divorato dal cratere dolorante. Lei alza un braccio, cercando di muoverlo verso la maniglia della porta. In ginocchio, trema e il si accascia violentemente a terra, il naso livido scosso da un fremito. Prova a muovere la mano, a ruotare il pomello, allungando le dita.
Vorrebbe chiedere aiuto. - La mia speranza è anche il mio carnefice. - sussurra. Poi guarda in basso: nell'altro braccio stringe in pugno una chiave. Lentamente dischiude la mano e la osserva.
Un altro urlo. E' solo lei a torturare se stessa.
L'identità di un uomo consiste in una sequenza di incoerenze che, tra di loro, possono solo fingere di avere qualcosa in comune.
L'urlo invade l'intera stanza. Il vetro delle finestre trema. Il vaso di violette viene attirato dal lucido pavimento di marmo. Si infrange: terracotta, sangue. Un frammento entra nella ferita, divorato dal cratere dolorante. Lei alza un braccio, cercando di muoverlo verso la maniglia della porta. In ginocchio, trema e il si accascia violentemente a terra, il naso livido scosso da un fremito. Prova a muovere la mano, a ruotare il pomello, allungando le dita.
Vorrebbe chiedere aiuto. - La mia speranza è anche il mio carnefice. - sussurra. Poi guarda in basso: nell'altro braccio stringe in pugno una chiave. Lentamente dischiude la mano e la osserva.
Un altro urlo. E' solo lei a torturare se stessa.
mercoledì 8 dicembre 2010
No words to describe it now.
Ombrello a forma di giraffa
Geloni
Vetrina in Vittorio Emanuele
Thè caldo
Silenzio
L'infinito
Arte e poesia
Sguardo fisso negli occhi
Duomo, vetrate illuminate
3, 9?
Giallo, lilla, bianco, nero
Blu Caran D'Ache
Mentalità aperta (?)
Dimentico gli oggetti, ricordo gli attimi
Passato raccontato senza più rimorso
Amore
Scultura greca
Romanticismo
Chiesa gotica
Scala
Chi sei?
Ombrello a forma di giraffa
Geloni
Vetrina in Vittorio Emanuele
Thè caldo
Silenzio
L'infinito
Arte e poesia
Sguardo fisso negli occhi
Duomo, vetrate illuminate
3, 9?
Giallo, lilla, bianco, nero
Blu Caran D'Ache
Mentalità aperta (?)
Dimentico gli oggetti, ricordo gli attimi
Passato raccontato senza più rimorso
Amore
Scultura greca
Romanticismo
Chiesa gotica
Scala
Chi sei?
Pace? Conclusa la lotta, forse.
Nero brivido.
Immobile: trasportata dal vento
non risorgerei.
Lucide labbra
niente, e unghie afferrano il mondo.
Non mi liberi! Non mi incateni.
Già. Stretta. Le mie carni nelle tue non scappano.
Vivo?
Strappi le mie orbite, le ingoi.
Grido soffocato.
Consumami.
Imploro di tornare sana.
Oh, come è dolce questo amore!
Ingoio il tuo dolore, liquido.
Scivola nel mio ventre sanguinante.
Oscurità. Forte odore di salsedine.
Gioia mia!
Brucia tra le fiamme dell'inferno.
Nero brivido.
Immobile: trasportata dal vento
non risorgerei.
Lucide labbra
niente, e unghie afferrano il mondo.
Non mi liberi! Non mi incateni.
Già. Stretta. Le mie carni nelle tue non scappano.
Vivo?
Strappi le mie orbite, le ingoi.
Grido soffocato.
Consumami.
Imploro di tornare sana.
Oh, come è dolce questo amore!
Ingoio il tuo dolore, liquido.
Scivola nel mio ventre sanguinante.
Oscurità. Forte odore di salsedine.
Gioia mia!
Brucia tra le fiamme dell'inferno.
domenica 7 novembre 2010
Quando si aspetta troppo una cosa
Si dice che quando si aspetta troppo una cosa, questa non arriva mai.
O forse arriva di corsa, fuggevole, delicata, e scappa via prima che si possa afferrarla. Quando si desidera troppo una cosa, la si idealizza, e la si continua a immaginare, ripetutivamente, nei momenti meno opportuni. Si chiudono gli occhi e allora si aprono i sipari dell'illusione: ecco che le marionette del sogno iniziano a muoversi, a parlare, in modo perfettamente meccanico e tristemente irreale. Quando sii aspetta troppo una cosa in realtà si sa già come andrà a finire, perchè la nostra mente ha percorso qualsiasi sentiero possibile e ne ha già valutato le differenti opzioni: è pronta a guidare ciò che arriverà, per ottenere esattamente ciò che si vuole. Quando si aspetta troppo una cosa, non dipende solo da noi ottenerla. Perciò ci si siede in silenzio, in un angolo di cemento, chiusi nella propria prigione di intricati pensieri e congetture, dimenticando la meraviglia dell'imprevisto. In poco tempo si perde la chiave, unico elemento di ricongiunzione con il mondo. La paura di sbagliare, di sprecare le proprie possibilità, di lasciarsi sfuggire qualsiasi occasione porta a una rassegnazione che è il grilletto di ogni felicità.
Iris lo sa bene: i polsi magri e lacerati giaciono inerti sul pavimento, intrappolati da lunghe catene che la legano ai fantasmi della sua mente. Ormai il pensiero ha preso il sopravvento sul desiderio: lo ha domato, sottomesso, soggiogato e lo ha privato dell'elemento di novità che conteneva, per renderlo simile a qualsiasi altro avvenimento. Ciò che prima era un giovane ghepardo selvaggio, senza padroni, dominatore della natura e della casualità ora non è altro che un micione che gira con la testa bassa, gli occhi tristi e la coda tra le gambe. I suoi occhi osservano il cadavere della fantasia che, ormai grigia e vuota, assomiglia a un vecchio sacco, sporco e rovinato. Quando si aspetta troppo una cosa, bisogna lottare per ottenerla, ma, se ciò non accade, è meglio fingere di essersene dimenticati, e proseguire per la propria strada, fiduciosi nell'imprevedibilità del caso. Non vale la pena incominciare a fantasticare su di essa.
Iris lo aveva cercato a lungo, e poi si era seduta su quel cemento, e aveva iniziato ad aspettare. I vividi colori della vita si erano graduatamente spenti nella realtà, ma inizialmente erano aumentati nella sua mente. Erano diventati sempre più intensi, luminosi e appariscenti, e il sacco della fantasia si era riempito sempre di più... fino a rigettarsi fuori dal suo corpo, a fuggire via d'improvviso. Aveva coltivato una farfalla nel bozzolo prima del tempo, le sue ali erano diventate troppo larghe e lo avevano dilatato fino a romperlo. Ora fuggiva, quel prodotto di un sogno caleidoscopico, e assorbiva il blu del cielo. A lei cosa era rimasto? Non era più in grado di rialzarsi e guardare fuori: i suoi occhi si erano spenti, e vedevano ogni cosa ricoperta da una sottile grigia nebbia di timore. Ma tutto ciò che si trovava dentro di lei era irreale, ed era fuggito via proprio come il ricordo di un sogno la mattina appena svegli.
- Dove si trova la realtà, adesso? Dove otterrò quello che stavo aspettando?
O forse arriva di corsa, fuggevole, delicata, e scappa via prima che si possa afferrarla. Quando si desidera troppo una cosa, la si idealizza, e la si continua a immaginare, ripetutivamente, nei momenti meno opportuni. Si chiudono gli occhi e allora si aprono i sipari dell'illusione: ecco che le marionette del sogno iniziano a muoversi, a parlare, in modo perfettamente meccanico e tristemente irreale. Quando sii aspetta troppo una cosa in realtà si sa già come andrà a finire, perchè la nostra mente ha percorso qualsiasi sentiero possibile e ne ha già valutato le differenti opzioni: è pronta a guidare ciò che arriverà, per ottenere esattamente ciò che si vuole. Quando si aspetta troppo una cosa, non dipende solo da noi ottenerla. Perciò ci si siede in silenzio, in un angolo di cemento, chiusi nella propria prigione di intricati pensieri e congetture, dimenticando la meraviglia dell'imprevisto. In poco tempo si perde la chiave, unico elemento di ricongiunzione con il mondo. La paura di sbagliare, di sprecare le proprie possibilità, di lasciarsi sfuggire qualsiasi occasione porta a una rassegnazione che è il grilletto di ogni felicità.
Iris lo sa bene: i polsi magri e lacerati giaciono inerti sul pavimento, intrappolati da lunghe catene che la legano ai fantasmi della sua mente. Ormai il pensiero ha preso il sopravvento sul desiderio: lo ha domato, sottomesso, soggiogato e lo ha privato dell'elemento di novità che conteneva, per renderlo simile a qualsiasi altro avvenimento. Ciò che prima era un giovane ghepardo selvaggio, senza padroni, dominatore della natura e della casualità ora non è altro che un micione che gira con la testa bassa, gli occhi tristi e la coda tra le gambe. I suoi occhi osservano il cadavere della fantasia che, ormai grigia e vuota, assomiglia a un vecchio sacco, sporco e rovinato. Quando si aspetta troppo una cosa, bisogna lottare per ottenerla, ma, se ciò non accade, è meglio fingere di essersene dimenticati, e proseguire per la propria strada, fiduciosi nell'imprevedibilità del caso. Non vale la pena incominciare a fantasticare su di essa.
Iris lo aveva cercato a lungo, e poi si era seduta su quel cemento, e aveva iniziato ad aspettare. I vividi colori della vita si erano graduatamente spenti nella realtà, ma inizialmente erano aumentati nella sua mente. Erano diventati sempre più intensi, luminosi e appariscenti, e il sacco della fantasia si era riempito sempre di più... fino a rigettarsi fuori dal suo corpo, a fuggire via d'improvviso. Aveva coltivato una farfalla nel bozzolo prima del tempo, le sue ali erano diventate troppo larghe e lo avevano dilatato fino a romperlo. Ora fuggiva, quel prodotto di un sogno caleidoscopico, e assorbiva il blu del cielo. A lei cosa era rimasto? Non era più in grado di rialzarsi e guardare fuori: i suoi occhi si erano spenti, e vedevano ogni cosa ricoperta da una sottile grigia nebbia di timore. Ma tutto ciò che si trovava dentro di lei era irreale, ed era fuggito via proprio come il ricordo di un sogno la mattina appena svegli.
- Dove si trova la realtà, adesso? Dove otterrò quello che stavo aspettando?
giovedì 14 ottobre 2010
Cold water
Da dove è incominciato?
Esiste un'inizio o una fine? Ciò che giace in mezzo è avvolto nella nebbia.
Appare ogni tanto d'improvviso, flashback, il respiro si blocca, il rumore della città si affievolisce, le nuvole si incupiscono, il vento cessa di scompigliarmi i capelli. Ed ecco che le foglie rimangono sospese nell'aria, interrompendo la loro caduta: ora sono curiose spettatrici di un varco che squarcia il tempo e lo spazio. rewind, fa freddo. Il bianco della neve ora acceca ogni colore. I miei denti incominciano a tremare, il respiro si fa ansimante. Osservo la mia immagine nella vetrina di un negozio: quella riflessa non sono io. Piccoli dettagli svelano la meraviglia dell'avvenimento. I miei capelli sono un pò più corti, un pò più lisci, un pò più scuri. Il mio maglione verde non c'è più: al suo posto una lunga giacca grigia e una pesante sciarpa di lana ad avvolgermi il collo. Ho paura. Alzo la testa. Sei di fronte a me, i miei occhi atterriti si spalancano al tuo viso.
Sei tu ma non sei tu. Chi sei? Una proiezione del passato? E allora io chi sono? Non so più niente. Vorrei urlare, non ci riesco, non posso: le tue labbra si posano sulle mie.
Salato, silenzioso, delicato, acqua fredda che scivola sulla mia pelle, e io mi immergo in quel limbo di pace. Tutto ciò che ora è la tua mano che stringe la mia.
Piango: le lacrime si mescolano all'acqua, si dissolvono. Scompaiono. Vorrei dirti tante cose, ma non ci riesco. Forse è meglio così. Forse ormai mi sono persa.
- Lo so che sto sognando, cazzo, ma non mi importa.
E' così fondamentale vivere nel presente?
Esiste un'inizio o una fine? Ciò che giace in mezzo è avvolto nella nebbia.
Appare ogni tanto d'improvviso, flashback, il respiro si blocca, il rumore della città si affievolisce, le nuvole si incupiscono, il vento cessa di scompigliarmi i capelli. Ed ecco che le foglie rimangono sospese nell'aria, interrompendo la loro caduta: ora sono curiose spettatrici di un varco che squarcia il tempo e lo spazio. rewind, fa freddo. Il bianco della neve ora acceca ogni colore. I miei denti incominciano a tremare, il respiro si fa ansimante. Osservo la mia immagine nella vetrina di un negozio: quella riflessa non sono io. Piccoli dettagli svelano la meraviglia dell'avvenimento. I miei capelli sono un pò più corti, un pò più lisci, un pò più scuri. Il mio maglione verde non c'è più: al suo posto una lunga giacca grigia e una pesante sciarpa di lana ad avvolgermi il collo. Ho paura. Alzo la testa. Sei di fronte a me, i miei occhi atterriti si spalancano al tuo viso.
Sei tu ma non sei tu. Chi sei? Una proiezione del passato? E allora io chi sono? Non so più niente. Vorrei urlare, non ci riesco, non posso: le tue labbra si posano sulle mie.
Salato, silenzioso, delicato, acqua fredda che scivola sulla mia pelle, e io mi immergo in quel limbo di pace. Tutto ciò che ora è la tua mano che stringe la mia.
Piango: le lacrime si mescolano all'acqua, si dissolvono. Scompaiono. Vorrei dirti tante cose, ma non ci riesco. Forse è meglio così. Forse ormai mi sono persa.
- Lo so che sto sognando, cazzo, ma non mi importa.
E' così fondamentale vivere nel presente?
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