domenica 7 novembre 2010

Quando si aspetta troppo una cosa

Si dice che quando si aspetta troppo una cosa, questa non arriva mai.
O forse arriva di corsa, fuggevole, delicata, e scappa via prima che si possa afferrarla. Quando si desidera troppo una cosa, la si idealizza, e la si continua a immaginare, ripetutivamente, nei momenti meno opportuni. Si chiudono gli occhi e allora si aprono i sipari dell'illusione: ecco che le marionette del sogno iniziano a muoversi, a parlare, in modo perfettamente meccanico e tristemente irreale. Quando sii aspetta troppo una cosa in realtà si sa già come andrà a finire, perchè la nostra mente ha percorso qualsiasi sentiero possibile e ne ha già valutato le differenti opzioni: è pronta a guidare ciò che arriverà, per ottenere esattamente ciò che si vuole. Quando si aspetta troppo una cosa, non dipende solo da noi ottenerla. Perciò ci si siede in silenzio, in un angolo di cemento, chiusi nella propria prigione di intricati pensieri e congetture, dimenticando la meraviglia dell'imprevisto. In poco tempo si perde la chiave, unico elemento di ricongiunzione con il mondo. La paura di sbagliare, di sprecare le proprie possibilità, di lasciarsi sfuggire qualsiasi occasione porta a una rassegnazione che è il grilletto di ogni felicità.

Iris lo sa bene: i polsi magri e lacerati giaciono inerti sul pavimento, intrappolati da lunghe catene che la legano ai fantasmi della sua mente. Ormai il pensiero ha preso il sopravvento sul desiderio: lo ha domato, sottomesso, soggiogato e lo ha privato dell'elemento di novità che conteneva, per renderlo simile a qualsiasi altro avvenimento. Ciò che prima era un giovane ghepardo selvaggio, senza padroni, dominatore della natura e della casualità ora non è altro che un micione che gira con la testa bassa, gli occhi tristi e la coda tra le gambe. I suoi occhi osservano il cadavere della fantasia che, ormai grigia e vuota, assomiglia a un vecchio sacco, sporco e rovinato. Quando si aspetta troppo una cosa, bisogna lottare per ottenerla, ma, se ciò non accade, è meglio fingere di essersene dimenticati, e proseguire per la propria strada, fiduciosi nell'imprevedibilità del caso. Non vale la pena incominciare a fantasticare su di essa.


Iris lo aveva cercato a lungo, e poi si era seduta su quel cemento, e aveva iniziato ad aspettare. I vividi colori della vita si erano graduatamente spenti nella realtà, ma inizialmente erano aumentati nella sua mente. Erano diventati sempre più intensi, luminosi e appariscenti, e il sacco della fantasia si era riempito sempre di più... fino a rigettarsi fuori dal suo corpo, a fuggire via d'improvviso. Aveva coltivato una farfalla nel bozzolo prima del tempo, le sue ali erano diventate troppo larghe e lo avevano dilatato fino a romperlo. Ora fuggiva, quel prodotto di un sogno caleidoscopico, e assorbiva il blu del cielo. A lei cosa era rimasto? Non era più in grado di rialzarsi e guardare fuori: i suoi occhi si erano spenti, e vedevano ogni cosa ricoperta da una sottile grigia nebbia di timore. Ma tutto ciò che si trovava dentro di lei era irreale, ed era fuggito via proprio come il ricordo di un sogno la mattina appena svegli.


- Dove si trova la realtà, adesso? Dove otterrò quello che stavo aspettando?